PERCORSO N.3 -LABORATORIO DI SCRITTURA ITALIANA

Salvatore Coico-Laboratorio di scrittura italiana- Intrduzione-Percorso n.3

La visita di Hitler in Italia nella primavera del1938– La narrazione dell’evento attraverso la comunicazione di tipo giornalistico di I. Montanelli e la sua trasfigurazione inventivo-lirica nel componimento poetico di E. Montale “Primavera hitleriana”

Lo studente, attraverso la lettura comparata dei due testi proposti, argomenti sulle diverse modalità di scrittura e focalizzi le diversificate forme di linguaggio e di tecniche espressive, attraverso le quali i due autori, con riferimento al medesimo evento,attuano il loro processo scrittorio Si enuclei, altresì, la valenza del messaggio,proposto nei due scritti,cogliendone, eventualmente, analogie e differenze.

“Il treno del Fuhrer arrivò la sera 3 maggio 1938, alla stazione Ostiense la cui facciata, come quella degli edifici posti lungo il percorso dell’ospite, era stata ridipinta di fresco. La piazza davanti alla stazione fu ribattezzata, per la circostanza, con il nome di Adolfo Hitler. Schierati lungo i cinque chilometri fino al Quirinale centomila soldati formavano un cordone ininterrotto. Seimila antifascisti, o supposti tali, erano stati messi precauzionalmente in carcere, alcune centinaia di agenti bilingui del servizio di sicurezza tedesco erano stati sguinzagliati a Roma e nelle altre città ove Hitler si sarebbe recato, per garantirne la protezione. Visibilmente seccato, il Fiihrer dovette prendere posto sulla carrozza reale, trainata da sei cavalli, e scortata da corazzieri, che lo portò al Quirinale. Vi salì prima del Re, che se n’ebbe a male, e durante il tragitto – mentre il Colosseo, la via dei Trionfi, l’arco di Costantino avvampavano per le fiamme che si sprigionavano da grandi tripodi – scambiò con l’omino dalla doppia greca che gli stava accanto poche banali battute. Vittorio Emanuele III chiese tra l’altro quanti chiodi avessero gli scarponi della fanteria tedesca, e ciò non contribuì a migliorare l’opinione che Hitler aveva di lui. Per non aver un ruolo di comprimario nella sfilata, il Duce si era eclissato, dopo i saluti alla stazione, e riapparve solo più tardi. Con il Fúhrer era un seguito enorme, circa cinquecento gerarchi nazisti, e tra essi tutti i maggiori, Góring, Goebbels, Ribbentrop, Hess, Himmler. Al Quirinale Hitler fu alloggiato nell’appartamento del Principe di Piemonte, e provocò un certo trambusto, a mezzanotte, quando chiese di avere a sua disposizione una donna. Si accertò presto che voleva soltanto una cameriera che gli riassettasse il letto prima di coricarsi. Nell’antico palazzo, attorniato da aiutanti di campo e nobili, il dittatore tedesco si sentì a disagio. «C’era odore di catacombe», rimarcò Himmler che per quanto lo riguardava era più abituato a quello dei cimiteri. La visita del Fúhrer si protrasse per una intera settimana, fitta di incomprensioni e di acide punzecchiature tra i nazisti e la Casa reale, ma priva di incidenti di rilievo. I nazisti giudicarono concordemente che la Monarchia fosse un ingombrante relitto e il Re un vecchietto noioso circondato da arroganti fannulloni. Vi fu tra loro chi disse chiaramente che sul trono bisognava metterci il Duce, «il Re è troppo piccolo». Per umiliare Vittorio Emanuele III, Hítler si abbandonò, durante i pranzi ufficiali, a sperticati elogi del Duce, che «per me non è soltanto un amico ma è un maestro; non è soltanto uno statista italiano ma un capofila, anche nella nostra rivoluzione». A Centocelle Hitler passò in rivista cinquantamila soldati; nel golfo di Napoli, dalla ammiraglia Cavour, vide immergersi e riemergere nel volgere di meno di due minuti, con perfetta sincronia, novanta sommergibili. Poi vi fu una esercitazione aerea. La grandiosità della messinscena non ingannò i consiglieri militari del Fiihrer, che sapevano quali fossero le condizioni delle Forze Armate fasciste. Una vera spina fu per Hitler, fino all’ultimo, quella della presenza del Re e delle esigenze protocollari che essa comportava. Dopo l’Aida al San Carlo di Napoli era stato costretto a presentarsi alla folla in cilindro e frac, essendogli mancato il tempo di cambiarsi. Se la prese, furibondo, con il suo capo del cerimoniale Vicco von Búlow-Schnante. «Vi rendete conto che mi avete mandato in giro come il Presidente della Repubblica francese?» Quando finalmente poté congedarsi da Vittorio Emanuele III (che lo ricordò come «una specie di degenerato psico-fisiologico») e partire per Firenze solo con Mussolíní, Hítler trasse un grosso respiro di sollievo. Nella Galleria degli Uffizi andò in estasi davanti ai capolavori, e compromise tutti gli impegni previsti dal programma restandovi per quattro lunghe ore (Mussolini intanto sbuffava, impaziente). In viaggio verso Berlino Hitler si sfogò con il Segretario di Stato Weizsàcker: «Non potete immaginare quanto sia felice di tornare in Germania». II malcontento del Fiihrer aveva due cause: da un lato gli pareva inammissibile che Mussolini, per il quale professava una ammirazione sincera, tollerasse la coesistenza del fascismo con la Monarchia, e la subordinazione almeno formale a un fantoccio coronato; dall’altro era a mani vuote, nel senso che non aveva ottenuto quel patto di alleanza con l’Italia che era nei suoi progetti.Ciano temporeggiava,e Mussolini, sostanzialmente propenso all’idea, ne rinviava l’attuazione nell’attesa che essa diventasse popolare. . «Sto lavorando per renderla tale» disse qualche tempo dopo al genero. Assorbito il trauma dell’Anschluss, il Duce non aveva ancora proceduto a una definitiva scelta di campo ma, con accostamenti vistosi e arretramenti impercettibili, si avvicinava sempre di più al punto di non ritorno, quello in cui la sua politica estera sarebbe stata senza reali alternative. I rapporti con l’Inghilterra procedevano attraverso bonacce e tempeste ricorrenti, quelli con la Francia erano ormai sul brutto stabile: «È un popolo rovinato dal­1’alcool, dalla sifilide e dal giornalismo», sentenziava il Duce. La Germania appariva temibile e affascinante, il suo Regime un modello cui ispirarsi e un concorrente con cui competere. Ma egli ancora ignorava che il terribile capo di quel Regime aveva deciso intanto che dovesse suonare l’ora della Cecoslovacchia. ” ( da- Indro Montanelli- Storia d’Ialia-ed.Corriere della Sera-Milano 2003-)

EUGENIO MONTALE

Da “Silvae”

LA PRIMAVERA HITLERIANA

“Né quella ch’a veder lo sol si gira

DANTE (?) a Giovanni Quirini

Folta la nuvola bianca delle falene impazzite

turbina intorno agli scialbi fanali e sulle spallette

stende a terra una coltre su cui scricchia

come su zucchero il piede; l’estate imminente sprigiona

ora il gelo notturno che capiva

nelle cave segrete della stagione morta,

negli orti che da Maiano scavalcano a questi renai.

Da poco sul corso è passato a volo un messo infernale

tra un alalà di scherani, un golfo mistico acceso

e pavesato di croci a uncino l’ha preso e inghiottito,

si sono chiuse le vetrine, povere

e inoffensive benché armate anch’esse

di cannoni e giocattoli di guerra,

ha sprangato il beccaio che infiorava

di bacche il muso dei capretti uccisi,

la sagra dei miti carnefici che ancora ignorano il sangue

s’è tramutata in un sozzo trescone d’ali schiantate,

di larve sulle golene, e l’acqua séguita a rodere

le sponde e più nessuno è incolpevole.

Tutto per nulla, dunque? – e le candele

romane, a San Giovanni, che sbiancavano lente

l’orizzonte, ed i pegni e i lunghi addii

forti come un battesimo nella lugubre attesa

dell’orda (ma una gemma rigò l’aria stillando

sui ghiacci e le riviere dei tuoi lidi

gli angeli di Tobia, i sette, la semina

dell’avvenire) e gli eliotropi nati

dalle tue mani – tutto arso e succhiato

da un polline che stride come il fuoco

e ha punte di sinibbio…

Oh la piagata

primavera è pur festa se raggela

in morte questa morte! Guarda ancora

in alto, Clizia, è la tua sorte, tu

che il non mutato amor mutata serbi,

fino a che il cieco sole che in te porti

si abbàcini nell’Altro e si distrugga

in Lui, per tutti. Forse le sirene, i rintocchi

che salutano i mostri nella sera

della loro tregenda, si confondono già

col suono che slegato dal cielo, scende, vince –

col respiro di un’alba che domani per tutti

si riaffacci, bianca ma senz’ali

di raccapriccio, ai greti arsi del sud…… ——————–

( per il commento alla lirica vedi “infra” al sito nella seziome “Percorsi letterari”- “Da Beatrice a Clizia”)———————————————————————

SCHEDA DI LAVORO

LABORATORIO DI SCRITTURA ITALIANA

Prof. Salvatore Coico

Anno acc………………………………………………………………………………………………………………….

Studente…………………………………………………………………………………………..

Corso di laurea laurea…………………………………………………………………………………………………

Matricola…………………………………………………………………………………………………………………..

PROVA SCRITTA

Lo studente, utilizzando le competenze acquisite tramite la partecipazione al corso, tracci un testo argomentativo e/o una recensione. L’argomento può essere compreso tra quelli trattati nel Laboratorio oppure può essere indicato a scelta dallo studente.

Spazio massimo: 30 righe ———Tempo a disposizione: 90 minuti